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sabato 27 aprile 2024

STORIE DI ORDINARIA UMANITÀ — il Blog di Nicolò Stella

Nicolò Stella

Nato in Sicilia si è trasferito a Pontedera a 26 anni e ha diretto la Stazione Carabinieri per 27 anni. Per sei anni ha svolto la funzione di pubblico ministero d’udienza presso la sezione distaccata di Pontedera del Tribunale di Pisa. Ora fa il nonno e si dedica alla lettura dei libri che non ha avuto tempo di leggere in questi anni.

​La donna del giorno prima

di Nicolò Stella - mercoledì 23 agosto 2023 ore 09:00

Il Maresciallo Cometa era appena rientrato in alloggio, dopo le sue dieci, forse undici ore trascorse in ufficio, quando squillò il citofono della caserma. Il centralinista sbrigativo passò la telefonata di un uomo che aveva chiesto di parlare con “il Comandante”. L’operatore annunciò anche di una emergenza per una rapina. L’interlocutore si fece riconoscere come il collaboratore di Giustizia giunto da poco in città: “Maresciallo io sono a Firenze con mia moglie e mio figlio.” Il Maresciallo Cometa fu sorpreso da quella telefonata ma anche compiaciuto dalla particolare attenzione che il collaboratore aveva nel collaborare, dopo che l’ufficio di protezione lo aveva appoggiato, e poi quasi abbandonato in una struttura ricettiva. “La ringrazio della telefonata. Lei non ha alcun obbligo di segnalare i suoi spostamenti”, precisò il Maresciallo. “Ho voluto telefonargli perché mi era venuto il dubbio. Se poi mi cercava e non mi trovava mi sarei sentito in difetto”, ribatté il collaboratore ostentando subalternità ma anche sicurezza nel rispondere. Il collaboratore chiuse così la breve conversazione, e il Maresciallo Cometa chiamò subito la centrale per avere informazioni sulla rapina appena, appena accennata. “Maresciallo un rapinatore solitario verso le 19 ha tentato una rapina alla gioielleria Chirieleison di Via Sergio Ramelli. Non ha portato via nulla grazie alla reazione del titolare, ma quest’ultimo è stato ferito da un colpo di pistola partito dal rapinatore . Il gioielliere è adesso all’ospedale. Sono intervenuti i nostri cugini.” Il Maresciallo ritornò nella sala da pranzo riprendendo il pasto serale, in silenzio si mise a riflettere su quella telefonata non dovuta e nemmeno prevista dal protocollo, e sulla visita di presentazione fatta alcuni giorni prima, dal collaboratore di Giustizia, accompagnato dalla giovane moglie e dal loro figlio di appena tre anni. Il Maresciallo ripensò a quella giovane coppia e al loro modo di porsi, e soprattutto ripensò al loro abbigliamento ricercato e firmato, e soprattutto a quella vistosa e grossa collana d’oro a maglia larga inusualmente indossata sopra un maglione di colore nero alla dolce vita che portava la donna. Così come aveva notato quel civettuolo anello d’oro portato al mignolo della mano destra. Questi particolari avevano fatto spostare gli occhi del Maresciallo all’anulare sinistro dove la donna recava una originale fede nuziale con tre tipologie d’oro che davano la sensazione di essere giallo, rosso o bianco. Tale particolare sfoggio di anelli e collane da parte della donna erano presenti anche nell’uomo, che al dito sinistro portava una fede uguale a quella della moglie, mentre all’anulare destro aveva un anello d’oro con pietra preziosa. Dopo la registrazione della loro presentazione, e la verbalizzazione del documento di permanenza sotto tutela, il Maresciallo informò il collaboratore che per ogni emergenza o situazione che gli potesse capitare, doveva fare capo a lui che poi si sarebbe rapportato con il reparto interforze deputato alla gestione dei collaboratori di Giustizia.

La mattina successiva, il Maresciallo Cometa chiamò il Commissariato per conoscere se erano state intraprese delle indagini, e se nell’immediatezza dei fatti avevano raccolto dichiarazioni che potessero indirizzare su indizi da seguire. Naturalmente nessuna delle domande fu accolta con entusiasmo, e nessuna delle risposte fu esaustiva. Come del resto sarebbe stato se fossero avvenute in senso inverso. L’unica cosa certa era che il gioielliere era stato operato nella notte, e nei giorni seguenti non appena sciolta la prognosi lo avrebbero esaminato sul grave episodio. La giornata trascorse quasi serenamente, come tutte le giornate, con tutte le piccole e grandi emergenze, e con le piccole e grandi burocrazie su cui districarsi. Giunta la sera mentre il Maresciallo Cometa si stava rilassando in ufficio prima di lasciarlo e raggiungere il suo alloggio fu destato dal piantone che gli annunciava una serata da trascorrere ancora una volta in ufficio. “Marescià, c’è il collaboratore di giustizia”, disse l’Appuntato. “ Il collaboratore?", gli avevo detto di telefonare tutte le volte che aveva bisogno di parlare con me, non di farsi vedere nei dintorni della Caserma” rispose Cometa. “Marescià non è proprio il collaboratore, ma il padre del collaboratore”, precisò l’Appuntato. In ufficio entrò un uomo sulla cinquantina. Capelli corvini, baffi ben definiti. Vistosi e grossi anelli agli anulari delle mani. Collana d’oro dal peso indefinito, ma buona per procurare una cervicalgia. Al Maresciallo ricordò l’attore americano nel film di Damiano Damiani “Il giorno della civetta”. Quell’attore americano che rivolgendosi al Capitano Bellodi, spiegava di avere certa pratica del mondo, e dell’umanità. Dividendo quest’ultima in cinque categorie. Uomini, mezz’uomini, ominicchi, piglianculi, e i quaquaraqua. Dopo essersi intrattenuto a colloquio con quel soggetto che non gli apparve privo di cultura almeno quella cinematografica, il Maresciallo lo interpellò sul vero motivo della visita: “Comandante la volevo avvertire, mio figlio non ha perso l’abitudine di commettere cazzate. Lo conosco molto bene e sono sicuro che farà delle rapine. E’ specializzato nelle oreficerie. Non quelle nei centri commerciali, ma quei negozi defilati che si avvalgono di una clientela di nicchia. Ha un sesto senso per localizzarle. Penso che i sopralluoghi li faccia fare alla moglie. Lo convochi nel suo ufficio, non gli dica assolutamente che sono venuto da lei. Gli dica che l'hanno chiamato i suoi colleghi e che l’hanno messo sul chi va là.” Mentre l’uomo parlava, il Maresciallo con la mente si ripensò a quella telefonata sospetta che il collaboratore gli aveva fatto la sera precedente pochi minuti dopo la rapina. Quell’anomalo avviso della gita a Firenze, e soprattutto la mente andò alla notizia del ferimento del gioielliere. Il tutto corrispondeva nell’agenda di servizio. Appunti e orari delle telefonate sia quella dell’operatore della centrale che quella del collaboratore.

Erano passati cinque giorni dall’arrivo del collaboratore, Tre giorni dalla rapina e due dall’avviso del genitore. Le indagini erano di competenza della Polizia di Stato ma nulla vietava ai Carabinieri di autonomi accertamenti. Il caso era grave e aveva suscitato allarme sociale. Non si era mai verificato in città una rapina sfociata nel ferimento del rapinato. Fu così che il Maresciallo decise di recarsi in ospedale senza neanche avvisare i cugini. Non appena entrato nella corsia di degenza il gioielliere, quasi sorpreso dalla visita, fra il serio e il faceto lo rimproverò: “Maresciallo, sono venuti a trovarmi tutti. Polizia, Squadra Mobile, e anche la Polizia Municipale. Mi chiedevo perché i Carabinieri non vengono? Forse hanno già arrestato il rapinatore che mi ha sparato?”

“Siamo arrivati per ultimi ma troveremo la soluzione per primi”, rispose il Maresciallo Cometa dando a vedere falsa sicurezza, e simulando sagacia investigativa. E aggiunse: “Mi dica, la sera prima della rapina si è presentata in negozio una donna a lei sconosciuta? Lei è un orefice, è abituato a osservare le persone, a catalogarle, e a quantificare gli oggetti d’oro che indossano.” L’orefice, sospirando profondamente, diede la risposta che Cometa si aspettava: “Maresciallo io penso a quella donna da dopo l’operazione. Dopo avere smaltito l’anestesia e dopo che il medico mi ha comunicato di essere fuori pericolo, il mio pensiero è fisso a quella donna. Alla donna del giorno prima. Nessuno dei suoi colleghi mi ha posto questa domanda. Ma io non ho mai smesso di pensarla. Ha chiesto di vedere gli stessi orologi che poi il rapinatore mi ha ordinato di consegnare. Maresciallo, potevano essere le 17.30. Alla porta si è presentata questa donna. Venticinque anni forse, trenta. Magra, bionda. Ho avuto un momento di incertezza prima di aprire, ma dietro di lei non c’era nessuno, e poi mi sembrava così giovane, e così tranquilla. Ho aperto, ha appena accennato a un saluto. Non aveva un accento toscano. Forse romano. O giù di li. Mi chiese subito di vedere orologi Boume & Mercier, sembrava esperta. Mi chiese anche di un modello particolare, il Riviera. Ho preso il cofanetto con gli orologi e l’ho posto alla sua visione. Ha voluto che tirassi fuori proprio il Riviera. Lo ha visionato da vicino provandolo al polso. Naturalmente gli stava grande essendo regolato per un polso da uomo. Non mi ha chiesto neanche il prezzo, me lo ha riconsegnato dicendomi che sarebbe ripassata con il marito.” Il Maresciallo Cometa ormai fiducioso nella sua ipotesi investigativa pose le domande che teneva in mente e che gli sarebbero serviti ad avere l’indizio più importante per la sua inchiesta appena iniziata e che sembrava volgere per il meglio. “Si, Maresciallo, la donna aveva un Collier d’oro con diamanti, era un Cartier a tre file di maglie. Un gioiello molto costoso e molto importante, lo portava sopra un maglione nero a collo alto. Un modo strano per indossarlo. Al dito aveva un anello nuziale BlueSpirit, praticamente sono tre anelli di diversa tipologia d’oro intrecciati fra loro in modo tale che indossandolo sembri un unico anello. E poi un particolare molto strano per una ragazza di quell'età, al mignolo destro indossava uno Chevalier ovale con un pavé di diamanti bianchi.” Rispose, professionalmente sicuro di sé il gioielliere. “Ora concentriamoci sul rapinatore e soprattutto cerchiamo di non ricordare la pistola, e quel brutto momento in cui è partito il colpo che lo ha ferito. Me lo descriva e soprattutto mi descriva che tipo di anelli indossava?” “Maresciallo, è vero ora che ci penso, l’anello all’anulare sinistro era uguale a quello della donna, e all’anulare destro portava un Glamira in oro giallo con una pietra preziosa, sicuramente un diamante.” L’orefice dimostrando un ottimo umor, nonostante lo spavento subito, aggiunse: “Certo, presumo gli fossero costati il giusto.”

Nei giorni successivi si tralasciarono le ipotesi indiziarie e si concretizzarono le prove procedurali, quindi riconoscimento fotografico, e interrogatorio dei due che proseguendo nella loro collaborazione e soprattutto per non perdere i benefici connessi, ammisero le proprie responsabilità. Il servizio di protezione li spostò, e nei giorni successivi furono arrestati.

Dopo una settimana il Maresciallo Cometa ricevette una telefonata. Al telefono c’era il genitore del rapinatore, ovvero colui che volontariamente o involontariamente aveva fornito il maggior apporto all’indagine; “Maresciallo non ce l’abbiamo fatta a salvarlo il ragazzo. Io ci speravo per mio nipote. Ma finalmente “U picciriddu” è qui con me, e loro sono in carcere, ci vorrà del tempo prima che possano riprendere il percorso di collaborazione. Sono arrivato troppo tardi e lei ha capito troppo presto. La volevo ringraziare per l’attenzione che mi ha dato. Buonasera Maresciallo.”

Nicolò Stella

P. S.: “Fatti e personaggi sono frutto di immaginazione dovuta alla necessità di romanzare il racconto.”

Nicolò Stella

Articoli dal Blog “Storie di ordinaria umanità” di Nicolò Stella