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PENSIERI DELLA DOMENICA — il Blog di Libero Venturi

Libero Venturi

Libero Venturi è un pensionato del pubblico impiego, con trascorsi istituzionali, che non ha trovato niente di meglio che mettersi a scrivere anche lui, infoltendo la fitta schiera degli scrittori -o sedicenti tali- a scapito di quella, sparuta, dei lettori. Toscano, valderopiteco e pontederese, cerca in qualche modo, anche se inutilmente, di ingannare il cazzo di tempo che sembra non passare mai, ma alla fine manca, nonché la vita, gli altri e, in fondo, anche se stesso.

DIZIONARIO MINIMO: ​Casualità & causalità

di Libero Venturi - domenica 01 ottobre 2017 ore 08:00

Premetto che sto scrivendo sotto l'influsso di un Vodka Martini, ghiacciato, agitato non mescolato, come quello di James Bond, solo con l'aggiunta di olive che in Inghilterra sanno una sega e, dopo la Brexit, bisognerebbe non mandargliene più, così imparano. E, ora che ci penso, nemmeno il Martini: così no Martini, no party. Con questo evidente stato di alterazione vengo al tema, assai arduo, per la verità, sicuramente superiore alle mie forze o possibilità, se non al mio coraggio o incoscienza che dir si voglia.

I miei figli adorati per il compleanno mi hanno regalato un gioco che si chiama "Story Cubes": si tratta di lanciare nove dadi e usare le immagini raffigurate sulle loro facce per creare una storia. "La tua storia sarà breve e intensa o sarà una grande saga? Una sola regola: non ci sono risposte sbagliate": sono le istruzioni. Eccheccazzo!

Se si esclude un gatto nero, questo è probabilmente il regalo più impegnativo, ricevuto dai figli, in occasione della lieta ricorrenza del mio genetliaco. Come sarebbe che non ci sono risposte sbagliate? Se fosse stabilito il contrario forse ci saremmo anche potuti trovare d'accordo: cioè non ci sono risposte giuste, fai un po' te, arrangiati. Il vero non è sempre ciò che è, ma ciò che sembra; e ciò che sembra non è sempre vero. Questa è la regola. Ma vabbè. I figli son piezzecore. Ho tirato i dadi: alea iacta est.

Sono comparsi, nell'ordine, anzi nel disordine: una morte secca -e ti pareva!-, un alambicco, dei fagioli, un cactus, le montagne rocciose, una nota musicale, una gemma, una corona reale e un paio d'occhiali. Random. Ditemi voi cosa ci si può rilevare, quale nesso causale si può mai desumere da questa casualità? Lo dice anche Montale "la bussola va impazzita all’avventura e il calcolo dei dadi più non torna".

Tuttavia, in qualche modo si possono collegare i fagioli alla musica, sotto forma di flatulenza. "Ed elli avea del cul fatto trombetta", la Divina Commedia, dopotutto. E questo processo chimico intestinale può anche essere rappresentato dall'alambicco. In chimica, aria metifica,antica denominazione dell’anidride carbonica e dell’azoto. E allora ecco la trama: c'era una volta un re gemmato e occhialuto, ma purtroppo gran fagiolaio e sonoramente, nonché metificamente, scoreggione, che fu confinato dai suoi sudditi tra le montagne rocciose, irte di cactus e ne morì. Posso fare di meglio, lo so. Non è una grande storia. Forse perché non ho fantasia, forse perché sono repubblicano oppure perché la vita è per caso, ma è difficile divinare dal caso le cause che la determinano.

Vige peraltro nella meccanica quantistica, il principio di indeterminazione. L'ha formulato il fisico Werner Karl Heisenberg, Nobel per la fisica nel 1932, teorico della meccanica quantistica e, peccato, un po' nazista. Secondo tale principio, enunciato nel 1927, la misura simultanea di due variabili coniugate, come posizione e quantità di moto, oppure energia e tempo, non può essere compiuta senza una quota di incertezza minima ineliminabile. Non mi chiedete altro, per favore, è già difficile l'enunciazione del principio. Però suggestiva. Mi pare di capire che è stato dimostrato come certe coppie di grandezze fisiche non siano misurabili, contemporaneamente o in successione, con precisione arbitraria e, men che meno, assoluta. Ciò che sembrerebbe stabilire limiti nella conoscenza, di sicuro nella mia.

Cioè non sarebbe vero quanto sostenuto da Pierre Simon Laplace nel 1812: «Dovremmo considerare lo stato presente dell'Universo come l'effetto del suo stato antecedente e la causa del suo stato successivo. Un'intelligenza che conoscesse tutte le forze operanti in natura in un dato istante e le posizioni istantanee di tutti gli oggetti dell'Universo, sarebbe in grado di comprendere in un'unica formula i moti dei più grandi corpi e quelli dei più leggeri atomi del mondo…per tale intelligenza niente sarebbe incerto, il futuro e il passato sarebbero entrambi presenti ai suoi occhi». Nientemeno! Certo ci vorrebbe un discreto cervello, che nemmeno Renzi ce la potrebbe fare.

Al contrario invece Heisenberg afferma: «Nella formulazione netta del principio di causalità: "se conosciamo in modo preciso il presente, possiamo prevedere il futuro", non è falsa la conclusione, bensì la premessa. In linea di principio noi non possiamo conoscere il presente in tutti i suoi dettagli...siccome tutti gli esperimenti sono soggetti alle leggi della meccanica quantistica [e quindi al principio di indeterminazione] mediante la meccanica quantistica viene stabilita definitivamente la non validità del principio di causalità». E amen.

Quindi non solo tutto è relativo, come sosteneva Einstein, Nobel per la fisica nel 1921, ma, secondo Heisenberg, parecchio è anche indeterminato. E questo aprirebbe uno spiraglio di comprensione anche sulla situazione politica italiana.

Ora è noto che proprio Einstein non era molto d'accordo con quest'ultima asserzione: la sua era una posizione realista -"esiste una realtà fisica indipendente dal soggetto che la studia"- e deterministica -"le grandezze fisiche hanno sempre valori determinati e prevedibili mediante un'adeguata teoria fisica"- e ciò lo rese critico anche nei confronti dell'indeterminismo quantistico. Einstein riferendosi al probabilismo intrinseco a tale interpretazione, difendendo il principio di causalità, affermò: «Dio non gioca a dadi con l'Universo». E pare che Niels Bohr, il fisico danese, anche lui Nobel nel 1922, al contrario principale autore di tale interpretazione, detta di Copenaghen, abbia risposto ad Einstein: «Smettila di dire a Dio cosa fare con i suoi dadi». Einstein poi ripropose la famosa frase «Non riesco ancora a credere che Dio giochi a dadi», aggiungendo anche «Ma forse mi sono guadagnato il diritto di commettere degli errori». E lui era Albert Einstein, mica il Cacini di Bientina! Mi sono infilato in una disputa tra premi Nobel e per di più in lieve stato di ebbrezza alcolica. D'altronde, almeno in chimica, dice che l'alcol è una soluzione.

Anche Stephen Hawking, nel 1966, commentò la famosa frase di Einstein alla luce delle conoscenze astrofisiche sulla struttura dell'universo: «Einstein sbagliò quando disse: "Dio non gioca a dadi". La considerazione dei buchi neri suggerisce infatti non solo che Dio gioca a dadi, ma che a volte ci confonda gettandoli dove non li si può vedere».

No, ma allora, ditelo! Che speranza volete che abbia il sottoscritto con le sue storielle di dadi? Secondo la meccanica quantistica tutto è aleatorio e probabilistico, complementare, indeterminato; per il principio della relatività tutto è determinato, ma relativo. Come si fa ad andare avanti così e stare sereni! Ci succede per forza come a Enrico Letta. Non conoscendo fino in fondo il presente, non si può conoscere nemmeno il futuro: oddio, questo spiegherebbe tante cose sulla ripetitività di errori ed orrori commessi nella storia e nella vita. Così come giustificherebbe la pretesa dilatoria dell'eterno presente. Il passato poi, secondo Carofiglio, che per fortuna non è un fisico, ma solo un magistrato e uno scrittore, è una terra straniera. Così siamo a posto.

Comunque Dio li ha lanciati o no i suoi benedetti dadi, e quando, e dove, e perché? E che numero è sortito, quali immagini sulle facce, quali storie? Ma poi, Dio esiste? E se non esistesse, allora chi ha lanciato 'sti dadi? Una possibile risposta è: nessuno, il Big Bang, uno scoppio per caso è stata la causa di tutto. Allora almeno un nesso primigenio esisterebbe tra casualità e causalità. C'è stata una causa dovuta al caso, dopodiché tutto è precipitato alla rinfusa, e poteva andare anche peggio: in fondo abbiamo sempre la razza umana, altri animali, aria, acqua, terra, piante, il calcio, il basket e chissà cos'altro. Però, è per caso oppure è a causa di qualcuno, o di qualcuna, o di qualcosa che si esiste e si gioca la nostra mano di dadi? In realtà non lo sappiamo e forse non lo sapremo mai, niente è predicibile: continueremo sempre a rincorrere il destino o quello che è. "Contraria sunt complementa", forse non ci sarà una spiegazione univoca del mondo e molto dipende dal punto di vista, che è la vista da un punto e di un punto. Siamo fatti di particelle e di onde, ombre e luci influenzate da un osservatore.

A proposito, i figli mi hanno regalato anche due dvd di Stephen Hawking su l'Universo: la teoria del tutto, viaggi spazio temporali e vite aliene. Più prudente, dunque, rifugiarmi nei misteri dell'Universo, confidando che la straordinaria mente dell'astrofisico possa tradurre in un linguaggio semplice concetti troppo complessi per me, dando risposte alle più grandi domande che appassionano l'intero mondo scientifico e qualche pensionato. C'è vita nell'universo e se c'è, come sta? E quanto sarà aliena, più o meno della nostra? È possibile viaggiare nel tempo? A tariffe low cost e per fare che cosa? Com'è nato l'universo, come si sta modificando, quale sarà il suo futuro? Mica a cazzo di cane, per caso?

Libero Venturi

Pontedera, 1 Ottobre 2017

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Eugenio Montale "La casa dei doganieri", da “Le occasioni”; Dante Alighieri, “La Divina Commedia”, Inferno XXI. "Contraria sunt complementa" era il motto del fisico Niels Bohr. L'autore non fa uso di superalcolici, quanto riportato nel testo è solo un espediente "letterario", anzi nemmeno. L'autore non fa neanche adeguato uso di letteratura, purtroppo. Solo poco vino durante i pasti e pochi libri durante il tempo libero, benché questo tenda a dilatarsi.

Libero Venturi

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