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martedì 19 marzo 2024

PENSIERI DELLA DOMENICA — il Blog di Libero Venturi

Libero Venturi

Libero Venturi è un pensionato del pubblico impiego, con trascorsi istituzionali, che non ha trovato niente di meglio che mettersi a scrivere anche lui, infoltendo la fitta schiera degli scrittori -o sedicenti tali- a scapito di quella, sparuta, dei lettori. Toscano, valderopiteco e pontederese, cerca in qualche modo, anche se inutilmente, di ingannare il cazzo di tempo che sembra non passare mai, ma alla fine manca, nonché la vita, gli altri e, in fondo, anche se stesso.

Il raggiro

di Libero Venturi - domenica 14 aprile 2019 ore 08:36

Un uomo è vecchio solo quando i rimpianti, in lui, superano i sogni” è un aforisma di John Barrymore, famoso attore americano, eccellente interprete shakespeariano, dedito ai matrimoni e all’alcol. Un altro aforisma, non mi ricordo di chi, dice che si invecchia quando si rimettono i colori nei tubetti e gli orizzonti sotto il ripiano della finestra. E allora ci siamo, la casistica c’è tutta e, per dirla con il vecchio e abusato Shakespeare, “ho sciupato il tempo, e ora il tempo sciupa me”. Aggiungo una massima pure io: si diventa vecchi quando ci si presta ai facili raggiri. Che poi la vita stessa è un raggiro, a pensarci bene: comincia e finisce. E per tutti è così. Anche se dove e come si nasce, si vive e si muore è una variabile non da poco. Anzi, spesso, secondo dove si viene al mondo, anche troppo variabile e poco equa.

L’altro giorno stavo camminando per i fatti miei, quando un uomo a me sconosciuto, alla guida di un’auto di media cilindrata, mi saluta gesticolando per richiamare la mia attenzione. Poi si ferma, al lato della strada, davanti al cancello della scuola e io non posso che raggiungerlo per ricambiare quel caloroso saluto. Mi avvicino: sul sedile dell’auto c’è un giovane, capelli e carnagione scura che non ho la più pallida idea di chi sia. Non è una novità, mi succede spesso: persone che mi salutano, che non ricordo. Oppure di cui ho una vaga memoria, ma non del nome, del cognome, tantomeno delle circostanze della nostra supposta conoscenza. A volte fingo e mi riparo dietro frasi di circostanza che preludono ad un rapido commiato. Altre volte, se colgo l’insistenza, confesso pietosamente il mio stato di smemorato senile, vergognandomi e scusandomi. Il peggio è quando te lo dicono chi sono e te continui a non ricordare quando, come e perché ci saremmo conosciuti. Vabbè, facciamocene una ragione. C’è di peggio. E al peggio, per fortuna o purtroppo, non c’è limite alcuno.

Il giovane non esce dall’auto e ciò quasi quasi mi rassicura, confido in un rapido saluto e in un’altrettanto rapida ripartenza. Dal finestrino aperto mi stringe la mano e me la trattiene anche un po’ -in segno, evidentemente, di usata confidenza- e dice: “è incredibile che dopo trent’anni tu non sia cambiato affatto!”. Una smaccata lusinga che non mi sento di confermare: trent’anni fa avevo ancora capelli e memoria in testa, nonché prostata sana. Lui invece si tocca la pancia e rivela di essersi appesantito da allora. Ma da allora, quando? E dove? Quindi mi tocca confessargli che non mi ricordo chi sia. Anzi me lo suggerisce lui stesso, forse leggendomi l’imbarazzo negli occhi e nel viso: “non ti ricordi chi sono, vero?”. E, alla mia costernata affermazione, comincia una specie di interrogatorio: “dov’eri trent’anni fa?” E qui è una pena, perché non solo non ricordo le persone, ma non tengo nemmeno bene il conto degli anni e lo svolgersi degli eventi. “Trent’anni fa, vediamo, credo al CPS a Pisa”. E lui “E chi c’era con te a Pisa?” Che palle, penso, mentre faccio mente locale. Poi escludendo, chissà perché, le figure più note, riaffiorate alla memoria, mi viene a mente una persona scura di carnato e capelli, tra l’altro quella che conoscevo meno e che avevo sostituito nel lavoro. “Adolfo Risaliti!” Provo. “Ecco! Sono il figlio, ero giovanissimo quando il babbo mi portava”.

E mi racconta una storia, che si è laureato in economia e commercio a Pisa, poi si è trasferito a Milano, ha fatto un master in conduzione aziendale ed è divenuto, mi dice una sigla in inglese o milanese, insomma responsabile commerciale dell’Emporio Armani. Nientemeno! Per la verità mi stava per uscire “e ‘sticazzi?”, ma mi sono congratulato. “Accidenti”, ho detto e pure un “me cojoni!” ci sarebbe stato bene, ma mi sono trattenuto. Poi, e qui viene il bello, mi racconta che è in Toscana per lavoro ed è stato a Pisa per un piacere da fare al professor “Tal dei Tali” e mi dice il nome di un professorone pisano con cui è rimasto in contatto dai tempi dell’Università, che faccio finta non proprio di conoscere, ma di aver almeno sentito rammentare, perché il mio interlocutore è così disinvolto nell’esporre che mi pareva brutto chiedere.

Il piacere consisteva nel portargli un capo Armani del nuovo campionario, in mostra a Milano. “Tanto dovevo venire in Toscana, a Firenze, per organizzare una sfilata, non potevo rifiutare un favore al mio mentore”. Sennonché, arrivato a Pisa, il professore non si era fatto trovare per un contrattempo e lui doveva rientrare. Così, contento di avermi rivisto dopo tanti anni, mi dice “Prendilo te, il capo, non voglio riportarlo indietro” e facendo il gesto dell’ombrello, aggiunge “si va in quel posto al professore” che, d’altronde, aveva mancato l’appuntamento. Dice che, ad occhio, ho la stessa taglia, una media. “Veramente avrei una large”, ammetto timidamente. “Ma dai, questi capi della nuova collezione hanno un’ottima vestibilità, vedrai!”.

Così mi invita a sedere nell’auto e mi porge un giaccone impermeabile nero, con tanto di etichettatura originale Armani, della cui texture e fattura, mi tesse le lodi e mi dice di provarlo. Io ringrazio, imbarazzatissimo e impacciatissimo, esco dall’auto e lo indosso. Tira un po’, le maniche sono corte per le mie braccia lunghe da primate, ma lui dice che va portato senza giacca sotto e poi, invitandomi a rientrare in macchina, magicamente, tira fuori dal sedile posteriore un soprabito impermeabile nero “di fine lavorazione” che mi mostra: sempre Armani, collezione pour femme. “Questo è un omaggio per la tua signora”.

Così mi ritrovo con due capi griffati, avvolti nel cellophane e appesi alle crucce. Non so che dire, se non ringraziare. “Non mi devi ringraziare, mi ha fatto piacere rivederti, magari diamo solo un pieno di benzina ai ragazzi del Centro di Firenze, quelli che aiuta il Professore”. E qui mi fermo. “Che ragazzi? Che Centro?”. Chiedo. “I ragazzi in difficoltà con le sostanze, il Professore, se gli porto qualche capo, destina loro qualcosa per compensare”. Contrariato domando: “Scusa, di cosa stiamo parlando?” E lui subito “Ma figurati, una sciocchezza, rispetto al valore dei capi, un pieno di benzina per il pullmino quando vanno in giro, che sarà? Solo quaranta, cinquanta euro!”. Capisco. “Ma come faccio a pagare il Centro di Firenze?” La risposta è subito servita: “Li dai a me, sto andando a Firenze, glieli porto volentieri io”.

Allora mi rendo finalmente conto che sono in macchina con uno sconosciuto, che non è sconosciuto perché non mi ricordo chi è, ma perché è uno stronzo, un truffatore, che mi vuol rifilare due capi taroccati per cinquanta euro. E che ha tentato di raggirarmi e c’era quasi riuscito, tirandomi fuori perfino ricordi dimenticati, che mi pare il furto più grave. Frugandomi nelle tasche della memoria e della vita. Così dico “Grazie, non mi interessa”. Gli lascio i capi, non lo guardo nemmeno, esco dall’auto, sbattendo la portiera e mi allontano, imprecando tra me e me.

Realizzo che sono un vecchio, un anziano signore con l’aria un po’ assorta e la mente lontana, disponibile ad essere imbrogliato. La figura perfetta, la vittima designata per un professionista del tarocco e del raggiro. Ormai è certo ed irrimediabile tutto ciò, come il tempo che passa e non passa invano. Sopratutto il tempo ci raggira e ci percula. Mi consolo solo pensando che, come per la democrazia, anche per la vecchiaia, un’alternativa valida non si conosce. Anzi si conosce bene, ma è di gran lunga peggiore. L’ultimo, estremo raggiro. Buona domenica e buona fortuna.

Pontedera, 14 Aprile 2019

Libero Venturi

Articoli dal Blog “Pensieri della domenica” di Libero Venturi