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lunedì 02 dicembre 2024

PENSIERI DELLA DOMENICA — il Blog di Libero Venturi

Libero Venturi

Libero Venturi è un pensionato del pubblico impiego, con trascorsi istituzionali, che non ha trovato niente di meglio che mettersi a scrivere anche lui, infoltendo la fitta schiera degli scrittori -o sedicenti tali- a scapito di quella, sparuta, dei lettori. Toscano, valderopiteco e pontederese, cerca in qualche modo, anche se inutilmente, di ingannare il cazzo di tempo che sembra non passare mai, ma alla fine manca, nonché la vita, gli altri e, in fondo, anche se stesso.

Zona rossa

di Libero Venturi - domenica 08 marzo 2020 ore 07:00

“Avanti popolo, alla riscossa, Codogno rossa, Codogno rossa...”. Altri tempi, ma quando mai? Qui a Codogno, Cudògn in ludesàn, i più erano democristiani e noi, comunisti, c’avrebbero messo in un lazzaretto. Il papà, buonanima, era stato partigiano, dopo l’otto settembre! E non erano nemmeno pochi al tempo, mica come quei fascisti piacentini! Al Comune dopo la DC è arrivato il Berlusca con Forza Italia e il Popolo della Libertà: povera Italia e cara la mia libertà! Ci sono stati anche i socialisti e, di recente, una lista civica di centro sinistra. Ora siamo in mano alla Lega e dagli al negher e allo straniero, el forest! Però di marocchini, romeni e albanesi ne hanno bisogno per i campi e le fabbriche... Anche fascisti e nazisti rialzano la testa. Ancora contro gli ebrei! Vergogna!

Io a votare ci vado, mica come quelli con la puzza sotto il naso che si astengono e fanno vincere le destre! Voto PD, anche se a volte mica tanto convinto. Però il comunismo in Russia è stata una dittatura. Dalla Cina ci mandano i virus. Democratici è meglio. E se Renzi non rompesse tanto i maroni, quel pirla di un toscanaccio... Ora siamo diventati zona rossa, ma per via del coronavirus. Da una testa coronata cosa ti volevi aspettare! Insomma all’isolamento io ci sono abituato, ma che due maroni, però! Tutto il santo giorno in casa. Mio figlio e la nuora mi hanno sequestrato anche la bicicletta perché i primi tempi ero uscito istèss. Mi sembrava il coprifuoco. Per andare dove, poi? Il Circolo Arci era chiuso. Alla Coop, ma ora anche la spesa ce la portano a casa. Così si sta tutt el dì a fà nagòtt. Sul divano e alla televisione dove ci rimbambiscono col virus, che poi esperti, politici e giornalisti litigano anche tra loro. Casciaball e trombon! Alla fine il migliore l’è semper il Mattarella. Il Presidente. Chi parla per bon coeur el se cgnoss.

Ho capito che mi devo lavare le mani e devo starnutire sul gomito. Ma poi la mascherina io non me la metto, già non ci si può baciare, toccare, si deve stare a un metro o due di distanza. Come faccio con il mio nipotino! E comunque tutti guardano il nonno. Dice il virus prende i vecchi che non ce la fanno, perché sono vecchi, bacüc! Bella storia e io ogni volta mi tocco. Veramente sto bene, non ho niente. Va a finire che mi devo ammalare per tenere la media, così siamo tutti più sicuri. Ma và a dà via i ciap, coronavirus! Anche se a questa età è bene farsene una ragione: sono 75 anni suonati! Ma non sono ancora pronto e, o Signur, nemmeno troppo rincoglionito. Comunque se questo virus di merda deve prendere proprio qualcuno, meglio me che ‘l più pan l’ho mangia'. Tanto la me pòra Rina se n’è già andata da un bel po’. Un brutto male me l’ha portata via prima del tempo. Me vien un magun... Era anche più giovane di me. Avevo scelto bene! Sono uno dei pochi vedovi in una marea di vedove alla tombola, giù al Circolo. E qualcuna ci prova anche, ma non attacca. Siete vecchie penso, siamo vecchi. E poi dopo l’operazione alla prostata... Ma va bene così. Malinconie, affetti, ricordi: è la vita. Come si diceva? Ora e sempre Resistenza.

Mio figlio e sua moglie si ritirano spesso in camera. Papà, guarda te il bambino, ma non gli stare troppo addosso, mi raccomando. See! Si sono sposati tardi, vogliono recuperare. “L’amore ai tempi del coronavirus”, altro che del colera! Penso che con questo isolamento, fra poco avrò un altro nipote, magari una nipotina! Quando sarà tutto finito e se sarò sempre vivo, perché tutto finisce, prima o poi. Come fu per l’asiatica. E non è mica la peste! Sono passati anche i Lanzichenecchi da Codogno: nel seicento, la portarono loro la peste. Passerà anche il virus dei cinesi. Aspetta, com’era il film di quel regista famoso, dei miei tempi, che non ci si capiva una mazza? Ah, ecco: “La Cina è vicina” di Bellocchio. Cazzo, più vicina di così, si muore! Poi vai a sapere da chi l’avrà preso il corona, il “paziente uno”? Uno di qui che traffica con quei paesi là. E però sono in tanti che fanno quel lavoro. Fà e disfà, l’è tut un laurà. Cosi ora ci segnano a dito, noialtri. Siamo noi italiani, e per di più settentrionali, gli stranieri indesiderati e appestati. Siamo diventati noi, i terun del mondo! Rob de matt.

Che poi Cudògn ha una storia: al tempo dei romani si chiamava “Cothoneum”, dice per via del Console Aurelio Cotta che cacciò i Galli insubri che a quei tempi stavano qui. Nel 997 siamo citati da un diploma dell’imperatore Ottone III. E poi, fino al XV, secolo siamo stati un feudo del vescovo di Lodi. Sempre preti! Ma io penso che, “latinorum” a parte, ci chiamiamo così per il “melo cotogno”, il frutto di queste parti. Tanto è sempre dal lavoro e dalla terra che deriva tutto. Poi ci sono stati i Visconti, gli Sforza, i Trivulzio, siamo stati con Piacenza e nello stemma abbiamo ancora la lupa piacentina, legata con una catena d’oro ad un albero di mele cotogne. Che poi a me questa lupa, piace minga. Ma l’è la storia. E comunque s’era già un borgo autonomo, i prodotti caseari, le tele di lino e seta i codognesi le andavamo a vendere al mercato di Piacenza, senza tasse doganali, attraverso il Po e si raggiungeva anche Venezia.

Nel cinquecento siamo finiti in mezzo alle battaglie di Francia e Spagna che si contendevano l’Italia. “O Franza o Spagna, purché se magna”. Venimmo anche saccheggiati dal Duca di Borbone, quel bauscia! Nel 1524 Codogno fu fortificata e fu eretta la chiesa di San Biagio, il patrono. Nel 1623 arrivarono i barbari Lanzichenecchi e la peste, ma questo l’ho già detto. Poi, nel 1672, diventammo “Regio Borgo”, liberi da ogni feudo, giurando fedeltà direttamente al sovrano, Carlo II. Dopo l’era Napoleonica, nell’ottocento, si faceva parte del Regno Lombardo-Veneto e siamo stati inclusi nella provincia di Milano. Molti codognesi parteciparono come volontari alle guerre risorgimentali, così come molti nostri concittadini morirono nella Grande Guerra. Poi il fascio, la dittatura, la seconda guerra mondiale e la Resistenza, il secondo Risorgimento dell’Italia.

Finalmente, nel 1955, siamo diventati città. Lo avevamo chiesto 150 anni prima a Napoleone Bonaparte, ma non se ne fece di niente. Nel 1957, qui vicino, ci fu un disastro ferroviario: 15 morti e più di 30 feriti, ero un fioeu, ma me lo ricordo. Terribile! Nel 1992 il Comune è passato alla provincia di Lodi. Abbiamo avuto la prima industria italiana lattiero-casearia, si chiamava Zazzera, che era un lattaio codognese e dopo la Polenghi Lombardo. Ci sono stato impiegato anch’io, fino alla pensione. A quei tempi era così. Era el mè mestè! Si divenne Cirio, poi Eurolat e Parmalat, con scandali al seguito. E ora Newlat e la crisi. La vecchia fabbrica è ormai in disuso. Che tristezza! Si faceva, primi in Italia, il latte a lunga conservazione, il Latte Stella. E le Galatine. Ora a Codogno siamo più di 15 mila abitanti, abbiamo scuole, ospedale, industrie, siamo il secondo centro del Basso Lodigiano, siamo chiusi e aspettiamo che il coronavirus passi e ci faccia tornare di nuovo operosi e liberi. Come siamo sempre stati.

Come so tutto questo? A parte che è la mia città, ma poi leggo, magari mi ci vogliono gli occhiali per vedere da vicino. Wikipedia, Internet servono, anche se quello che manca è il contatto umano. La società. Ma che possiamo fare di meglio, se no? A parte i giovani che di sicuro qualcosa di meglio da fare lo trovano. A proposito, figlio e moglie sono usciti di camera. Tutto bene? Il nipote guarda i cartoni in tivvù. Questa domenica è l’otto marzo, Festa della Donna. Auguri a tutte le donne, anche senza la mimosa, da noi reclusi! Lo so che non è quello, ma mi piacerebbe lo stesso andarne a cogliere un ramett per la mia nuora, come quando la portavo alla Rina. Bei tempi! Alla fine, di questo incubo resterà solo un ricordo. E, come dicono i terun, anch’io speriamo che me la cavo! Buona domenica e buona fortuna.

Pontedera, 8 marzo 2020

Libero Venturi

Articoli dal Blog “Pensieri della domenica” di Libero Venturi