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PENSIERI DELLA DOMENICA — il Blog di Libero Venturi

Libero Venturi

Libero Venturi è un pensionato del pubblico impiego, con trascorsi istituzionali, che non ha trovato niente di meglio che mettersi a scrivere anche lui, infoltendo la fitta schiera degli scrittori -o sedicenti tali- a scapito di quella, sparuta, dei lettori. Toscano, valderopiteco e pontederese, cerca in qualche modo, anche se inutilmente, di ingannare il cazzo di tempo che sembra non passare mai, ma alla fine manca, nonché la vita, gli altri e, in fondo, anche se stesso.

DIZIONARIO MINIMO: il cuore

di Libero Venturi - domenica 18 giugno 2017 ore 08:35

Il cuore

Dice bisognerebbe assecondare il moto del cuore, andare dove esso ci porta. Una scrittrice l'ha anche scritto e deve pure averci vinto qualcosa o, comunque, c'ha venduto un sacco di libri. Io sono molto d'accordo: contrastarlo il cuore fa male, che quello già è a rischio d'infarto.

Il fatto è che non si sa mai dove cavolo ci porta, il maledetto cuore. Né dove bisogna andare perché esso ci porti qualcuno -qualcuna- o qualcosa succeda e tutto vada bene. E chi o cosa sarà. E, sopratutto, siamo proprio sicuri che poi vada tutto bene? E che cazzo! Con questa premessa fortemente dubitativa mi accingo a parlarvi del cuore.

Montale scriveva "scordato strumento, cuore". Perché spesso ce ne dimentichiamo e lo scordiamo a casa nella vita di tutti giorni? O "scordato" va inteso in senso musicale e vuol dire che il cuore ha qualche nota fuori timbro e non trova accordo con la natura, non va a tempo e a tono con la nostra esistenza? Capace è un misto delle due cose. In effetti andrebbe usato di più il cuore e portato con noi. Ascoltato. Oddio, è vero che nel cuore non c'è traccia di cervello e non ci si può ragionare sempre bene. La meglio sarebbe un accordo tra cuore e cervello: un compromesso fisico. Esprimere una passione meditata o un ragionamento non arido farebbe di noi delle persone migliori. Meno incazzati o stronzi di quello che siamo o siamo diventati. Ma "è come dillo..." , si dice in Toscana, con i puntini di sospensione, per significare che tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare. Che poi è un proverbio scontato, ma veritiero. Purtroppo. O per fortuna, chissà? A volte un po' di distacco occorre nelle cose per non fare cazzate, ma spesso la cazzata più grande è l'attendismo, il ritardo colpevole delle nostre intenzioni, dei nostri doveri, perfino dei nostri piaceri. Quella volta che forse era amore e non ce ne siamo accorti. E siamo ancora lì con il conto, a proposito di cuore e cervello. Ce ne stiamo impacciati, con il cuore in mano e poi gli facciamo sempre fare una brutta fine: alle ortiche, quando non in pasto ai cani!

Eppure il cuore ha un soffio che anima la vita, almeno per ciò che attiene all'amore o giù di lì. Se è molto più giù di lì interviene un altro organo e allora è sesso. Pure in grammatica, "è" sarebbe "copula": in effetti... Ed è interessante notare come anche l'altro organo più in basso necessiti di un compromesso con il cuore e pure con il cervello, anche se spesso tende ad escludere entrambi. Tornando al soffio è bene che, semmai, sia "del" e non "al" cuore. In questa seconda fattispecie siamo, infatti, nella tachicardia che può sconfinare in una patologia. A volte, dice, una semplice preposizione, sia pur articolata! È vero che l'amore un po' di tachicardia, sotto forma di affanno, la comporta e talora non solo un po', sennò, dice, non sarebbe vero amore. Ma, anche in questo caso, è bene regolarsi: se persiste consultate un medico. Date retta.

"Mi strappo il cuore, mi strappo il cuore dal petto, mi strappo il cuore dal petto e lo do a te." È il finale di una poesia intitolata "Lettere dai palazzi suburbani" che ho letto da qualche parte. È vero, citare è una caduta di stile, una stucchevole pedanteria e oltretutto quel "lettere" mi pare sfacciatamente presuntuoso, però mi serviva per concludere il tema. Pare sia una frase gridata da un inquilino di un casamento. Un grido disperato e ripetuto nella liturgia dell'amore e del disamore. Dell'abbandono. Il mio cuore è tuo, tienilo, io non so più che farne senza di te. E se finisce qui, al giorno d'oggi, va pure bene. L'uomo, diversamente dalla donna, non è abituato agli strappi del cuore e della carne. Forse perché una donna è portatrice e donatrice di vita e un uomo solo di sperma: soltanto un seme, sia pur di una qualche importanza. O forse perché siamo bestie con l'aggravante di una feroce intelligenza e di un'altrettanto feroce scemenza e il cuore ha sempre a che fare, in qualche modo, con il sangue. Gli uomini uccidono con crudeltà persino ciò che credono di amare. In quel caso però era l'uomo ad offrire il suo cuore. A volte gli uomini lo fanno, ne sono capaci. Forse era solo troppo tardi ormai, per entrambi: seguire il cuore, come ho detto, non si sa se porta sempre bene. A volte invece mi piace pensare di sì, che lei gli abbia detto sì, lo abbia accolto il suo cuore e che sia stato amore. Quello che dura per sempre. O comunque finché dura.

Pontedera, 18 Giugno 2017

"Scordato strumento, cuore" è Eugenio Montale, "Corno inglese", da "Ossi di seppia"

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Articoli dal Blog “Pensieri della domenica” di Libero Venturi